È un errore comune confondere gli interpreti con i traduttori. Ma per quanto entrambe le professioni abbiano la funzione di fare da ponte tra due culture, sono ben distinte e per molti aspetti opposte. La differenza principale sta nel mezzo impiegato per comunicare il messaggio: la traduzione lavora sul canale scritto, mentre l’interpretazione lavora sul canale orale. Questo implica approcci molto diversi al testo, tanto che si potrebbe affermare che quello che per un traduttore è un difetto, per un interprete è un pregio.
Di seguito elenchiamo le differenze principali:
VERBA VOLANT, SCRIPTA MANENT
Le parole volano veloci, e un buon interprete è capace di volare alla stessa velocità. Egli traduce in tempo reale e in diretto contatto con chi produce il messaggio e con il destinatario, per questo il suo processore mentale lavora a una velocità tale che non può permettersi di dire tutto e deve riassumere, tralasciando inevitabilmente qualcosa del discorso. La sua preoccupazione principale è comunicare un messaggio da una lingua all’altra, e non ha tempo né spazio per soffermarsi sullo stile. Nel suo caso vale il principio del “buona la prima”. Non ha nessuna revisione, e anche se è consapevole che ci sarà sempre un modo migliore per dire qualcosa, il suo motto è: “il meglio è nemico del bene”.
Il traduttore al contrario è ben consapevole che quello che produce rimane in eterno e può essere fruito da qualunque lettore a distanza di tempo. Anche se spesso riceve incarichi urgenti, ha la possibilità (e il dovere) di allocare del tempo per ricercare la perfezione. Non può limitarsi a comunicare il messaggio, ma deve rispettare l’intenzione e lo stile dell’autore, usare la terminologia corretta e il registro adeguato, e poi produrre un testo tenendo conto dell’uso e dell’utente finale, oltre delle distanze linguistico-culturali del paese di destinazione.
TRASPARENZA
L’interprete deve fisicamente scomparire. Spesso lo si nota solo quando sbaglia.
Il traduttore invece ha il diritto di farsi notare inserendo note e spiegazioni laddove lo ritenga necessario.
POKER FACE
Anche se dentro di sé si scatena il panico, l’interprete deve mantenere la calma e saper fingere di aver capito tutto.
Il traduttore invece non può essere sicuro di sé: deve farsi venire i dubbi anche dove non ne ha. È paranoico per professione.
LOOK
L’interprete viaggia, ha sempre la valigia pronta per raggiungere conferenze e seminari disseminati nel mondo. È sempre a contatto con il cliente, per cui deve avere un aspetto curato.
I suoi ferri del mestiere sono: cuffie, microfono, tablet, ventiquattrore e antistress.
Il traduttore invece è il prototipo del «telelavoratore». È abituato a lavorare da casa, e non ha orari, il che significa che spesso e volentieri passa le notti in bianco per rispettare una consegna. Vive prevalentemente in pigiama.
I suoi ferri del mestiere sono: computer, pila di dizionari, sedia ergonomica e secchio di caffè.