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Tu che sei un traduttore… mi traduci *parola* in *lingua*?

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Mi rendo conto che da un professionista ci si aspetta che conosca alla perfezione la propria materia, ma questo non vi autorizza a trattare i traduttori come dizionari ambulanti. Non giudicateli male se non vi sapranno dare una soluzione così su due piedi.

In primo luogo i traduttori sono persone (umane!) che, sì, conoscono un’altra lingua e un’altra cultura, ma non sono onniscienti. Anche voi parlate una lingua, eppure nessuno si aspetta che vi siate ingoiati un dizionario: quante volte siete incappati in parole della vostra lingua madre di cui non conoscete il significato?

In secondo luogo spesso si sottovaluta la complessità di una lingua naturale.  Per questo diffidate da chi ha la risposta pronta: un traduttore che si rispetti vi chiederà di dargli almeno una frase, di fare qualche esempio, di fornirgli il contesto…

Una lingua è composta da diversi sottolinguaggi e varia a seconda della situazione comunicativa e del contesto in cui è inserito il messaggio. La traduzione non si occupa di “parole” ma  di “significati”, e una parola estrapolata dal suo contesto non ha significato: è come una valigia senza contenuto. Pensate a quante parole polisemiche, cioè con più di un significato, esistono in italiano… Vi faccio un esempio: se chiediamo un espresso dal tabacchiere ci danno un francobollo, al bar ci danno un caffè, in stazione ci indicano un binario. Le cose si complicano quando si passa a un’altra lingua, perché le lingue non hanno la stessa forma e i diversi significati delle parole non corrispondono. Pensiamo alla parola nipote. In italiano questa parola può indicare “il figlio (o la figlia) del figlio (o della figlia)”, oppure “il figlio (o la figlia) del fratello (o della sorella)”. Bisogna pertanto avere molte più informazioni per dare la giusta interpretazione dei rapporti famigliari e scegliere il traducente corretto. Il sintomo più evidente della differenza tra le lingue è l’esistenza di parole intraducibili. Una delle preferite dai traduttori è la parola tedesca Wanderlust, che indica l’irresistibile desiderio di partire, vedere posti nuovi e vivere l’emozione di essere stranieri…

Quindi abbiate cura dei vostri traduttori: non sono macchine senza cuore! Ricordate di dargli sempre un contesto e non scandalizzatevi se si prenderanno del tempo prima di rispondervi. Se gli mettete fretta, forse vi daranno due o tre soluzioni che lì per lì riterranno approssimative. Ma potete stare certi che continueranno a pensarci: sotto la doccia, mentre fanno spesa, perfino mentre dormono. Non smetteranno finché non troveranno una soluzione che li soddisfi di più. Ecco perché non sono semplici dizionari.

Come dite, paranoici? Forse un pochino…